Sepolcri in honorem, pitture ad infamiam e moente "a maggiore dispetto e vituperio". A proposito di immagini celebrative e infamanti nei Comuni toscani del tardo Medioevo
DOI:
https://doi.org/10.5617/acta.5735Abstract
Da uno spoglio delle cronache citttadine contemporanee emerge un quadro abbastanza ricco circa l’ampio ventaglio di possibilità che i Comuni avevano a disposizione per rendere onore ad un capitano, un podestà, o a un cavaliere, o piuttosto per infamarlo, anche attraverso l’uso delle immagini. Con questo filo-guida si prenderanno in esame i casi noti anche solo dalle fonti di personalità pubbliche che sono state onorate dai Comuni toscani non solo in vita, ma anche e soprattutto post mortem, con funerali solenni e sepolcri ad comunis expensas; oppure, che sono state oggetto di pitture infamanti o di una qualche forma di damnatio memoriae. Sepolcri in honorem e pitture ad infamiam costituivano importanti veicoli di messaggi politici, come “manifesti” duraturi affissi all’interno degli spazi “sacri” delle chiese oppure più legati alla cronaca spicciola e dipinti in luoghi “profani” come le porte urbiche e le facciate degli edifici pubblici, vere e proprie vetrine della vita politica dei Comuni. In particolare, il monumento sepolcrale con la statua equestre doveva essere inteso, soprattutto in due città-guida come Firenze e Siena, come un semplice ma efficace mezzo di comunicazione politica alternativo alla pittura monumentale, un mezzo a cui le istituzioni comunali ricorrevano in casi particolari per indicare modelli da seguire e contemporaneamente celebrare loro stesse attraverso l’omaggio al singolo, così come fecero ad esempio per Piero da Farnese e per gli altri capitani di guerra e famosi condottieri che avevano ricoperto importanti incarichi militari al loro servizio. In questo contesto di uso politico delle immagini nell’ambito delle armi, la pittura infamante costituiva inevitabilmente il rovescio della stessa medaglia. Infine, si porrà attenzione ad un modo singolare di “colpire” non il singolo nemico o traditore di turno ma l’intera parte avversaria in battaglia, attraverso la coniazione di monete con immagini volutamente offensive e infamanti.
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